Ecco i 5 segnali che rivelano la sindrome dell’impostore nei tuoi colleghi, secondo la psicologia

Quella Vocina che Ti Sussurra “Non Te Lo Meriti”: Ecco Come Riconoscere la Sindrome dell’Impostore nei Tuoi Colleghi

Hai mai notato quel collega super competente che sembra sempre sul punto di scusarsi per esistere? O quella manager brillante che attribuisce ogni suo successo alla “pura fortuna”? Bene, probabilmente hai davanti agli occhi qualcuno che combatte quotidianamente con la sindrome dell’impostore – e no, non è contagiosa, ma è decisamente più comune di quanto pensi.

La sindrome dell’impostore è come quel coinquilino mentale fastidioso che non paga l’affitto ma continua a dirti che non vali niente. È quel fenomeno psicologico che fa sentire le persone come dei truffatori mascherati, anche quando hanno tutte le carte in regola per essere dove sono. E indovina un po’? È ovunque, soprattutto negli uffici italiani.

Tutto è iniziato nel 1978, quando due psicologhe americane, Pauline Clance e Suzanne Imes, hanno dato un nome a qualcosa che molti di noi sentivano ma non riuscivano a definire. Hanno coniato il termine dopo aver studiato 150 donne di alto livello accademico e professionale che, nonostante i loro risultati straordinari, si sentivano come delle fraudolente.

I Numeri che Ti Faranno Cadere dalla Sedia

Preparati a questo dato: circa il 70% delle persone ha sperimentato o sta sperimentando la sindrome dell’impostore almeno una volta nella propria vita, secondo uno studio pubblicato dall’International Journal of Behavioral Science. Sì, hai letto bene – più della metà delle persone che conosci sul lavoro probabilmente ha quella vocina fastidiosa nella testa che dice “non te lo meriti”.

Un altro dato impressionante: il 62% dei lavoratori in tutto il mondo dichiara di aver sofferto o di soffrire attualmente di questa sindrome. In Italia, dove la cultura del lavoro è spesso caratterizzata da alta competitività e aspettative elevate, questo fenomeno è particolarmente diffuso nei settori che richiedono alta specializzazione: medicina, legge, accademia, management e tecnologia.

Quello che hanno scoperto le ricerche è stato rivoluzionario: non importa quanto tu sia bravo, competente o preparato – questa sindrome può colpirti comunque. È come avere un sistema di allarme mentale difettoso che suona anche quando non c’è nessun pericolo. La cosa più interessante? Inizialmente si pensava fosse un “problema da donne”, ma studi più recenti hanno dimostrato che anche gli uomini ne soffrono nella stessa misura.

Come Riconoscere il “Sindromato” in Ufficio: La Guida Definitiva

Ora arriva la parte divertente (si fa per dire): imparare a riconoscere i segnali nei tuoi colleghi. No, non si tratta di fare i detective della psiche, ma di sviluppare una maggiore consapevolezza delle dinamiche umane che ci circondano.

Il Perfezionista Ossessivo

Questo collega è quello che rifà tre volte una presentazione già perfetta perché “non è ancora abbastanza buona”. Passa ore su dettagli che nessuno noterà mai e si dispera per errori minuscoli che gli altri considererebbero trascurabili. È come se avesse un editor interno che non va mai in pausa pranzo.

Il Workaholic che Non Si Ferma Mai

Conosci quella persona che è sempre l’ultima ad andarsene dall’ufficio? Quella che risponde alle email anche durante le ferie? Spesso non è solo dedizione al lavoro, ma il bisogno disperato di dimostrare continuamente il proprio valore. È come se credesse che fermarsi un secondo significhi essere smascherata.

L’Allergico ai Complimenti

Quando fai un complimento a questa persona, la reazione è quasi fisica: diventa rossa, balbetta, e immediatamente inizia a elencare tutti i motivi per cui non se lo merita. “No no, è stato tutto merito del team”, “Ho solo avuto fortuna”, “Chiunque al mio posto avrebbe fatto meglio”. È come se i complimenti fossero kryptonite.

Il Catastrofista Professionale

Questo collega vive in uno stato di ansia permanente riguardo a possibili fallimenti futuri. Un piccolo feedback costruttivo diventa una catastrofe annunciata, un errore minore si trasforma nella fine della carriera. È sempre in modalità “scenario apocalittico” anche per le situazioni più normali.

L’Eremita dell’Open Space

Paradossalmente, chi soffre di sindrome dell’impostore spesso si isola. Evita le conversazioni informali, declina gli inviti per l’aperitivo del venerdì, e sembra sempre in fuga verso la propria scrivania. Non è antisocialità, è paura di essere “scoperto” attraverso interazioni casuali.

L’Altra Faccia della Medaglia: L’Effetto Dunning-Kruger

Mentre parliamo di persone competenti che si sentono impostori, c’è il fenomeno opposto che merita una menzione: l’effetto Dunning-Kruger. Sono quelle persone che, al contrario, sovrastimano drammaticamente le proprie capacità. Conosci quel collega che dopo due giorni in azienda già sa come “sistemare tutto”? Ecco, quello.

È ironico: chi sa davvero il fatto suo dubita di se stesso, mentre chi non sa niente è convinto di essere un genio. La psicologia umana è davvero affascinante nelle sue contraddizioni!

Perché Succede Proprio a Lavoro?

L’ambiente lavorativo è il terreno perfetto per far crescere questa sindrome. La competizione costante ci mette sempre a confronto con i risultati degli altri, mentre le aspettative elevate creano una pressione continua per la performance. La visibilità sociale fa sì che i nostri successi e fallimenti siano sotto gli occhi di tutti, e spesso ci ritroviamo in ruoli che sembrano “troppo grandi” per noi a causa di una crescita professionale rapida.

In Italia, poi, c’è anche un fattore culturale: siamo cresciuti con il mito dell’umiltà e del “non montarsi la testa”. Questo, se da un lato ci rende persone equilibrate, dall’altro può amplificare la tendenza a sminuire i propri meriti. La cultura del “sempre meglio” non aiuta: non c’è mai abbastanza, bisogna sempre migliorare, e questo alimenta quel senso di inadeguatezza costante.

Come Aiutare Senza Fare la Predica

Ora che hai imparato a riconoscere i segnali, cosa puoi fare? Non si tratta di trasformarsi in uno psicologo improvvisato, ma di adottare alcuni comportamenti che possono fare la differenza. Quando fai un complimento a chi soffre di questa sindrome, sii specifico e concreto. Invece di dire “bravo, ottimo lavoro”, prova con “la tua analisi dei dati nella slide 7 ha davvero chiarito il problema che stavamo affrontando da settimane”. È più difficile da sminuire.

Condividi i tuoi errori e le tue incertezze quando appropriato. Sentire che anche gli altri sbagliano e hanno dubbi normalizza l’esperienza umana e riduce l’isolamento di chi si sente un impostore. Promuovi conversazioni dove le persone possano esprimere dubbi e insicurezze senza essere giudicate – a volte basta dire “anch’io a volte mi sento così” per far sentire qualcuno meno solo.

Il Lato Nascosto del Successo

Ecco una verità scomoda: più le persone hanno successo, più spesso soffrono di sindrome dell’impostore. È un paradosso crudele, ma ha senso se ci pensi. Più sali, più hai da perdere, più gli occhi sono puntati su di te, più cresce la paura di non essere all’altezza.

Dottorandi, medici specializzandi, manager neoassunti, professionisti che cambiano settore – tutti accomunati da quella sensazione di “non appartenere davvero” al proprio ruolo. È come se il successo venisse con un biglietto di accompagnamento che dice “attenzione, potresti non meritartelo davvero”.

Questo fenomeno è particolarmente evidente nei settori ad alta specializzazione, dove l’expertise richiesta è così specifica che chi la possiede fatica a riconoscere il proprio valore. Il chirurgo che ha salvato centinaia di vite si concentra sull’unico intervento che non è andato come previsto. L’avvocato che ha vinto cause impossibili pensa solo a quella volta che ha perso per un cavillo procedurale.

La Rivoluzione Silenziosa degli Uffici

Riconoscere la sindrome dell’impostore nei colleghi non è solo un esercizio di curiosità psicologica – è un modo per rivoluzionare la cultura aziendale. Quando iniziamo a vedere oltre le maschere professionali e a riconoscere le insicurezze umane che tutti portiamo, creiamo ambienti di lavoro più autentici e, paradossalmente, più produttivi.

Una persona che non deve più nascondere le proprie incertezze è una persona che può investire tutte le sue energie nel lavoro, invece di sprecarle nel mantenere una facciata perfetta. Il benessere psicologico sul posto di lavoro non è solo una moda del momento, ma una necessità concreta per la produttività e la crescita aziendale.

Le aziende più innovative stanno già iniziando a riconoscere questo fenomeno, implementando programmi di mentorship, sessioni di feedback costruttivo e culture aziendali che celebrano non solo i successi, ma anche l’apprendimento dagli errori. È un cambio di paradigma che parte dal riconoscimento di una verità semplice: siamo tutti esseri umani con le nostre fragilità, anche in ufficio.

La prossima volta che vedi quel collega brillante che si scusa per il suo successo, ricorda: non è modestia, è psicologia. E ora che lo sai, puoi fare la differenza. Non con grandi gesti, ma con piccoli atti di riconoscimento e autenticità che possono aiutare qualcuno a sentirsi finalmente legittimato nel proprio ruolo.

Siamo tutti un po’ impostori in questo mondo professionale – la differenza è che alcuni di noi se ne sono fatti una ragione, mentre altri continuano a lottare contro quella vocina fastidiosa. Il tuo supporto potrebbe essere proprio quello che serve per abbassare il volume di quella voce, una conversazione alla volta.

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